Infusione delle cellule staminali
L‘ospedale di Brescia afferma
che l’infusione delle staminali non è una terapia o delle prescrizioni seriali. L'azienda ospedaliera
"non è mai stata, e non lo è tuttora, in grado di definire un percorso
terapeutico e quindi, dopo le infusioni, di prendere in cura e monitorare le
condizioni dei pazienti stessi". Lo ha precisato l'ospedale lombardo.
Il
trattamento Stamina, definito trattamento perché "non si può pacificamente
parlare di terapia, è sempre stato e resta sconosciuto" ai medici degli Ospedali Civili di Brescia. L'azienda ospedaliera "non è mai stata, e non
lo è tuttora, in grado di definire un percorso terapeutico e quindi, dopo le
infusioni, di prendere in cura e monitorare le condizioni degli stessi".
Lo ha precisato l'ospedale lombardo dove vengono somministrate le infusioni
prodotte secondo il protocollo di Stamina Foundation, dopo l'incontro con la
stampa organizzato ieri a Roma dal presidente di Stamina, Davide Vannoni.
Secondo l'ospedale, "non si può sottacere la condotta del dottor Andolina,
il quale opera in stretta collaborazione con Stamina ed è pertanto a conoscenza
delle caratteristiche del trattamento, e che ha sottoscritto centinaia di
prescrizioni seriali cambiando solo il nome del paziente e l'indicazione della
patologia, talvolta senza nemmeno visitare i pazienti. Circostanze, queste, emerse
nei vari giudizi innanzi ai Tribunali del lavoro".
Gli Ospedali Civili ribadiscono che le cellule staminali mesenchimali prodotte
secondo il metodo Stamina "sono somministrate ai pazienti attualmente in
trattamento o per ordine dei tribunali o in forza del decreto-legge 24/2013, al
di fuori di una sperimentazione clinica e sotto la esclusiva responsabilità del
medico prescrittore". L'ospedale ricorda anche che "la Commissione
scientifica istituita dal ministero ha evidenziato la inadeguata descrizione
del metodo e la insufficiente definizione del prodotto, cioè la mancanza
delle precondizioni per progettare una verifica che abbia carattere di
scientificità".
"Va
anche tenuto presente - prosegue l'Ao - che i pazienti, spesso provenienti da
altre regioni, hanno preferito non presentarsi alle visite di controllo
programmate dall'azienda ospedaliera di Brescia e rivolgersi a medici o
strutture di propria fiducia, sulle valutazioni dei quali l'azienda non può in
alcun modo interferire o entrare nel merito". Ma "in ogni caso
l'azienda ospedaliera, nel rispetto di quanto disposto dalla legge, provvede ad
inviare alle competenti autorità sanitarie i dati relativi alla
somministrazione del trattamento".
Da questo quadro emerge un fatto inquietante, se le
aziende ospedaliere non hanno le dovute competenze mediche per la
somministrazione delle cellule staminali, che vengono invece prescritte e largamente pubblicizzate, non possono avere un
quadro clinico obiettivo dei risultati finali a cui i pazienti si sottopongono
con assoluta fiducia.
A questo punto dovremmo riflettere sui dati che prevalgono nella ricerca di adeguate forme di trattamenti che vengono somministrati come scientifici ma che in realtà subiscono una serie di convenzionali approcci per essere accettate come ufficiali.