***IL PORTALE ONCOLOGICO AL SERVIZIO DEL CITTADINO*** Informazioni aggiornate sulle diagnosi e terapie del cancro.
" La maggior parte delle cose importanti nel mondo sono state compiute da persone che hanno continuato a cercare quando sembrava non esserci alcuna speranza "

AVVERTENZE!

Se in questo periodo state valutando tra il trattamento oncologico convenzionale e il trattamento alternativo, rendetevi conto che i rapporti convenzionali sul cancro intrappolano spesso i pazienti con l'uso di falsa autorità. Fanno tutti schieramento compatto: i medici con i loro titoli accademici, la FDA e le aziende farmaceutiche con tutti i generi di pubblicità che esaltano un sistema di vita migliore se solo continuate a versargli quattrini e ad annegare il vostro corpo in prodotti chimici sintetici.

Contrapponetelo con la semplice realtà ed il buonsenso innato, che dice che la maniera per guarire realmente il corpo umano non è certo quella di avvelenarlo. Basta capire questo, non è più complicato di così. Una volta che lo accettate, allora comincerete a capire che potete guarire il cancro.

Non potete aggredire il cancro con le stesse cose che in realtà lo causano, come la chemioterapia e le radiazioni. Non potete diventare più sani compromettendo la funzione degli organi vitali nel vostro corpo, ed i trattamenti oncologici convenzionali distruggono letteralmente i tessuti del cervello, quelli del fegato, del cuore e dei reni. Se scegliete di sottoporvi a chemioterapia, ne uscirete con un danneggiamento permanente alla vostra salute che vi renderà molto più problematico sopravvivere a qualsiasi cancro successivo.

LEGGI PIU´VOLTE GLI ARTICOLI PER ESSERE SICURO/A DI NON TRASCURARE NULLA. LEGGERE GLI ARTICOLI SOLO UNA VOLTA POTREBBE ESSERE LA FORMULA PER IL DISASTRO.


AVVISO AI LETTORI!

Niente potrà curare il vostro cancro se continuate a mangiare carni adulterate, usare prodotti farmaceutici, impiegare cosmetici e prodotti per la cura personale contenenti prodotti chimici tossici, spruzzare antiparassitari sul vostro prato ed usare creme solari inappropriate. Il consumo di carni trattate con il nitrito di sodio è nocivo per la vostra salute quasi quanto fumare sigarette.
La cura del cancro richiede una massiccia pulizia del fegato, del colon e dei reni.
Richiede uno spostamento complessivo verso uno stile di vita sano che includa alimenti crudi, cibi nutrienti, succhi di verdure, terapia con luce solare e il totale abbandono di cibi, medicine e prodotti cancerogeni.

Le case farmaceutiche



 LE CASE FARMACEUTICHE






Recentemente il senatore repubblicano Charles Grassley, membro della commissione Finanze del Senato, ha avviato una indagine finanziaria sui legami tra l'industria farmaceutica, i medici ed il mondo accademico, che in gran parte influiscono sul prezzo di mercato dei farmaci da prescrizione. Egli non ha avuto molte difficoltà a trovare riscontri.
Prendiamo il caso del Dr. Joseph L. Biederman, professore di psichiatria presso la Harvard Medical School e direttore dell'Istituto di Psicofarmacologia pediatrica presso il Massachusetts General Hospital di Harvard. A lui si deve in larga misura se a bambini di due anni è stata fatta diagnosi di "disturbo bipolare" e se sono stati trattati con un potente cocktail di farmaci, molti dei quali mai approvati per tale patologia dalla Food and Drug Administration (FDA) e nessuno dei quali autorizzato per minori di dieci anni.
Legalmente, i medici possono utilizzare per qualsiasi altra indicazione farmaci già approvati per una particolare indicazione, ma tale uso deve essere basato su una buona evidenza scientifica pubblicata. Non sembra proprio che qui ricorra tale ipotesi. Gli studi di Biederman sui farmaci con i quali si propone di trattare il disturbo bipolare nell'infanzia, sono stati - così il New York Times sintetizza il giudizio degli esperti interpellati - "tanto modesti e così mediocremente concepiti da risultare in larga misura inconcludenti."
Nel mese di giugno, il senatore Grassley ha rivelato che le aziende farmaceutiche, compresi i produttori dei farmaci per l'infanzia che B. prescrive per il disturbo bipolare, hanno pagato 1,6 milioni di dollari a Biederman per consulenze e conferenze tra il 2000 e il 2007. Due suoi colleghi hanno ricevuto somme analoghe. Dopo che la cosa è venuta alla luce, il presidente del Massachusetts General Hospital e il presidente della sua sezione medica hanno inviato una lettera ai medici dell'ospedale invitandoli a non aggravare ulteriormente questi casi di macroscopici conflitti di interessi, ma anche ad esprimere la propria solidarietà a chi ne aveva beneficiato: "Sappiamo che si tratta di un momento di incredibile dolore per i medici e le loro famiglie, e il nostro cuore è con loro"!
Altro caso è quello del Dr. Alan F. Schatzberg, titolare della cattedra di psichiatria del dipartimento di Stanford e presidente eletto della American Psychiatric Association. Il senatore Grassley ha scoperto che Schatzberg ha gestito più di 6 milioni di dollari di prodotti nella Corcept Therapeutics, una società che ha collaborato a fondare e che testa il "Mifepristone" - farmaco abortivo altrimenti noto come RU-486 - da lui impiegato per trattare gli stati depressivi. Allo stesso tempo Schatzberg figura quale principale referente in un "Istituto Nazionale di Salute Mentale", che sovvenziona la ricerca sul Mifepristone per questo impiego, e figura tra gli autori di tre articoli sul tema. In una dichiarazione rilasciata alla fine di giugno, l'ateneo di Stanford dichiarò di non veder nulla di male in questa convenzione, anche se un mese dopo il consiglio universitario annunciò la sostituzione di Schatzberg, quale ricercatore di riferimento, "al fine di eliminare qualsiasi fraintendimento".




Il caso forse più eclatante tra quelli finora esposti dal senatore Grassley è quello del dottor Charles B. Nemeroff, presidente della Emory University-Dipartimento di Psichiatria e, insieme con Schatzberg, coeditore di un rinomato Textbook of Psychopharmacology. Nemeroff è stato il ricercatore di punta, percependo una sovvenzione di 3,95 milioni di dollari in cinque anni dall'Istituto Nazionale di Salute Mentale, 1,35 dei quali destinati alla Emory dalla GlaxoSmithKline a titolo di contributo per lo studio....di diversi farmaci da lei prodotti. Per attenersi ai regolamenti universitari ed alle leggi dello stato, egli era tenuto a comunicare alla Emory quanto percepito da GlaxoSmithKline, ed a sua volta la Emory doveva informarne, per importi superiori a 10.000 dollari annui, il National Institutes of Health, unitamente all'assicurazione che il risultante conflitto di interessi sarebbe stato eliminato .
Ma il senatore Grassley, confrontando i registri della Emory con i documenti contabili della multinazionale, scoprì che Nemeroff aveva omesso di indicare qualcosa come 500.000 dollari ricevuti da GlaxoSmithKline per decine di conferenze dirette a promuovere i prodotti della società. Nel giugno 2004 la Emory ha condotto la sua indagine sull'operato di Nemeroff, ed ha riscontrato molteplici violazioni dei suoi regolamenti. Nemeroff ha risposto assicurando la Emory in una nota: "in considerazione della convenzione National Institutes of Health/Emory/GSK (GlaxoSmithKline), ho già comunicato a GSK (che ne ha già preso buona nota) che limiterò a cifra inferiore ai 10.000 dollari all'anno le mie spettanze per le consulenze fornite". Ma in quell'anno ricevette 171.031 dollari dalla società, nello stesso momento in cui denunciava alla Emory, perché ne desse comunicazione al Nat. Inst. Of Health, un...timido importo di 9.999 dollari, per rimanere sotto alla soglia di 10.000.

Peraltro la Emory è stata destinataria di borse di studio e di altre entrate procurate da Nemeroff, e questo autorizza il sospetto che la sua supervisione lassista sia dipesa dai propri conflitti di interesse. Come riportato da Gardiner Harris sul New York Times, Nemeroff stesso aveva sottolineato i suoi buoni servigi alla Emory in una lettera del 2000 indirizzata al preside della facoltà di medicina, nel corso della quale giustificava così il personale coinvolgimento in una dozzina di accordi per consulenze aziendali......, dicendo:
"Sicuramente lei ricorderà che la Smith-Kline Beecham Pharmaceuticals ha procurato una cattedra importante al dipartimento e che vi è qualche ragionevole probabilità che la Janssen Pharmaceuticals farà altrettanto. Inoltre, la Wyeth-Ayerst Pharmaceuticals ha finanziato un programma di ricerca Career Development Award nel dipartimento, e personalmente ho chiesto sia ad AstraZeneca Pharmaceuticals che alla Bristol-Meyers Squibb di fare altrettanto. Se sarò ricompreso in questo affare, ciò  contribuirà a farli decidere per un finanziamento alla nostra facoltà".

Poiché era stato il senatore Grassley a fare il nome di questi psichiatri, a costoro è stata dedicata molta attenzione dalla stampa; ma l'intero mondo della medicina è invaso da analoghi conflitti di interesse. (Per la cronaca il senatore ha rivolto adesso la sua attenzione ai cardiologi). In effetti, la maggior parte dei medici prendono soldi o accettano regali, in un modo o nell'altro, dalle case farmaceutiche. Molti di loro sono pagati in veste di consulenti, o come relatori in congressi sponsorizzati dalle case farmaceutiche, o perché si prestano a mettere il loro nome su lavori scritti dai produttori di farmaci o da loro incaricati, o anche in qualità di apparenti "ricercatori", il cui vero compito spesso consiste semplicemente nell'indirizzare i propri pazienti su un determinato farmaco e nell'informarne la ditta. Sempre più medici beneficiano di pranzi gratuiti e altri di regali veri e propri. Inoltre, le aziende farmaceutiche sovvenzionano i più importanti convegni delle organizzazioni professionali e la maggior parte dei periodici corsi di aggiornamento indispensabili ai medici per mantenere attiva la loro abilitazione all'esercizio della professione.
Nessuno conosce esattamente le cifre complessive pagate dalle ditte farmaceutiche ai medici, ma ritengo, sulla base dei bilanci delle nove più importanti aziende farmaceutiche americane, che si tratti di decine di miliardi di dollari l'anno. Con tali strumenti l'industria farmaceutica ha acquisito il controllo totale sulla valutazione e la prescrizione dei propri prodotti da parte dei medici. Tutto ciò asserve i medici, particolarmente i cattedratici di prestigiose scuole mediche, influenza i risultati della ricerca, la pratica medica e persino la definizione di ciò che costituisce una malattia!

Occorre considerare che gli studi clinici per l'impiego di farmaci vengono testati sull'uomo. Prima che un nuovo farmaco entri in commercio, il produttore deve finanziare studi clinici per dimostrare alla Food and Drug Administration che il farmaco è sicuro ed efficace, solitamente facendo un confronto con un placebo o un "manichino pillola". I risultati di tutte le prove (che possono essere svariate), sono sottoposti alla FDA, e se una o due prove risultano positive - dimostrano cioè efficacia della sostanza senza rilevanti rischi - il farmaco è generalmente autorizzato, anche se tutte le altre prove fossero negative. I farmaci sono autorizzati solo per una specifica indicazione (ad esempio, per trattare il cancro ai polmoni) ed è illegale per le case farmaceutiche commercializzarli per qualsiasi altra indicazione.
Ma i medici possono prescrivere farmaci autorizzati come "off-label", vale a dire, senza riguardo per l'indicazione approvata, di modo che forse la metà di tutte le prescrizioni sono state redatte per indicazioni off-label. Dopo che i farmaci sono sul mercato, le imprese continuano a sponsorizzare studi clinici, a volte per ottenere l'approvazione FDA per ulteriori usi, a volte per dimostrare un vantaggio rispetto ai concorrenti, e spesso solo come pretesto per ottenere che i medici prescrivano questi farmaci ai pazienti. (Tali test sono giustamente chiamati "semina" studi.)

Dal momento che le aziende farmaceutiche non hanno accesso diretto ai pazienti, esse hanno l'esigenza di appoggiare le loro sperimentazioni ad atenei medici, dove i ricercatori ottengono di poter utilizzare, a scopo didattico, pazienti di ospedali e cliniche, o di società private di ricerca (CROs), che attraverso i medici di base arruolano pazienti. Sebbene le CROs siano di solito più efficienti, i finanziatori preferiscono utilizzare le scuole mediche, sia perché la ricerca condotta da queste è formalmente più quotata, ma soprattutto perché consentono loro di sfruttare la grande influenza di medici ritenuti poter rappresentare l'opinione prevalente o essere considerati "key opinion leaders "(KOLs). Sono queste le persone che scrivono libri e articoli su riviste mediche, redigono le "linee guida", occupano posti importanti nella FDA governativa ed in altri gruppi di consulenza, o in rinomate società professionali, e prendono la parola in innumerevoli riunioni e cene che si svolgono ogni anno per ragguagliare i clinici sui farmaci da prescrivere. L'avere un "KOLs" come il Dr. Biederman sul libro paga vale ogni centesimo speso.
Pochi decenni fa, le scuole mediche non disponevano di estesi rapporti finanziari con l'industria, ed i ricercatori universitari che portavano avanti la ricerca finanziata da case farmaceutiche non avevano altri legami con loro. Ma oggi le università hanno molteplici rapporti con l'industria e si trovano in una posizione morale che li metterebbe in difficoltà se volessero rimproverare alla propria facoltà di comportarsi come loro fanno. Un recente sondaggio ha rilevato che circa i due terzi dei centri medici accademici hanno rilevanti partecipazioni nelle aziende che sponsorizzano la ricerca all'interno della stessa istituzione. Una inchiesta sul settore universitario medico ha scoperto che i due terzi dei cattedratici dovevano il loro incarico alle aziende farmaceutiche e che i tre quinti avevano ricevuto da queste incarichi personali. Nel 1980 le facoltà mediche iniziarono a dettare norme che disciplinano i conflitti d'interesse, ma generalmente queste sono assai variabili, il più delle volte molto permissive ed oggetto di disinvolte forzature.

Dato che le aziende farmaceutiche pretendono, come condizione per erogare un finanziamento, di essere capillarmente coinvolte in tutti gli aspetti della ricerca che sponsorizzano, è facile per loro introdurre falsificazioni dirette a far apparire i loro farmaci migliori e più sicuri di quel che sono. Prima del 1980 veniva data ai ricercatori universitari una totale autonomia nella conduzione dei lavori, ma ora le case farmaceutiche impiegano spesso i loro dipendenti ed i loro agenti nel progettare gli studi, eseguire i test, scrivere i lavori, e decidere se e in quale forma pubblicare i risultati. Talvolta le facoltà mediche procurano ricercatori che sono poco più che manovali, per cui l'arruolamento di pazienti e la raccolta dei dati seguono le direttive dell'azienda.

In considerazione di un controllo simile e dei conflitti di interesse che permeano la ricerca, non c'è da meravigliarsi che i risultati negativi degli studi sponsorizzati dalle case farmaceutiche (e pubblicati su riviste scientifiche a loro tornaconto), non vengano in gran parte resi noti, mentre la pubblicazione di quelli positivi venga riproposta in altri lavori appena variati nella forma; oppure che quelli negativi vengano presentati come positivi. Per fare un esempio, un controllo su 74 studi clinici relativi ad antidepressivi, ha svelato che 37 su 38 risultati positivi siano stati pubblicati, ma dei 36 dei 37 o sono stati occultati o pubblicati spacciandoli per positivi. Non è poi raro che un documento pubblicato focalizzi l'attenzione sull'effetto secondario che sembra più favorevole.

L'occultamento dei risultati fallimentari emersi da ricerche è oggetto di un coinvolgente libro scritto da Alison's Bass, dal titolo "Effetti collaterali: un accusatore, uno che ha fatto la soffiata ed un bestseller, in una ricerca su antidepressivi". Questa è la storia di come il gigante farmaceutico britannico, la GlaxoSmithKline, abbia sepolto prove che il suo antidepressivo, il Paxil, top nelle vendite, è inefficace e potenzialmente dannoso per i bambini e gli adolescenti. Bass, ex reporter del Boston Globe, descrive il coinvolgimento di tre persone: uno scettico psichiatra universitario, un moralmente indignato esponente del reparto di psichiatria della Brown University (il cui presidente ha ricevuto nel 1998 più di $ 500.000 per consulenze da industrie farmaceutiche, tra le quali la GlaxoSmithKline), e un infaticabile sostituto procuratore generale di New York. Hanno preso posizione contro la GlaxoSmithKline ed il sistema psichiatrico, e alla fine l'hanno avuta vinta contro ogni previsione.
Il libro segue le singole lotte di queste tre persone nel corso di molti anni, culminati con la GlaxoSmithKline obbligata, nel 2004, a transare sulle accuse di frode pagando 2,5 milioni di dollari (una sciocchezza rispetto agli oltre 2.700 milioni di vendite annuali del Paxil). Ha inoltre preannunciato di rendere nota una sintesi di tutti gli studi clinici completati dopo il 27 dicembre 2000. Di ancor maggiore rilievo l'attenzione dedicata alla deliberata e sistematica prassi di occultare i risultati sfavorevoli della ricerca, che mai sarebbe emersa senza un'inchiesta giudiziaria. Uno dei documenti interni della GlaxoSmithKline - precedentemente segreto - recita: "sarebbe commercialmente inaccettabile dichiarare che l'efficacia non è stata dimostrata, in quanto ciò potrebbe compromettere il profilo della paroxetina (Paxil)".

Molti farmaci che si pretende siano efficaci, hanno probabilmente un'efficacia leggermente superiore al placebo, ma non c'è modo di appurarlo, visto che i risultati negativi sono tenuti nascosti. Un indizio è stato individuato sei anni fa da quattro ricercatori che, invocando il Freedom of Information Act, hanno ottenuto dalla FDA relazioni su ogni studio clinico - che prevedesse il confronto-pacebo - presentato per ottenere l'approvazione iniziale dei sei più usati farmaci antidepressivi approvati tra il 1987 e il 1999: Prozac, Paxil , Zoloft, Celexa, Serzone e Effexor. Essi hanno scoperto che, in media, l'80 per cento dei placebo hanno la stessa efficacia di questi farmaci. La differenza tra farmaco e placebo è stata così piccola che era improbabile che essa potesse rivestire un qualche significato clinico. I risultati sono stati più o meno gli stessi per tutti e sei i farmaci: tutti sono risultati egualmente inefficaci. Ma visto che sono stati pubblicati solo i risultati "favorevoli" e quelli sfavorevoli sono stati....sepolti (in questo caso, all'interno della FDA), il pubblico e la professione medica hanno ritenuto questi farmaci potenti antidepressivi.

Le sperimentazioni cliniche sono influenzate anche tramite criteri di ricerca adottati unicamente allo scopo di produrre risultati favorevoli per gli sponsor. Ad esempio, il farmaco del finanziatore può essere confrontato sì con un altro farmaco, ma somministrato a una dose così bassa che quello del finanziatore appare più potente. Oppure un farmaco destinato a patologie dell'anziano può essere testato sui giovani, in modo che gli effetti collaterali abbiano minori probabilità di manifestarsi. La stessa metodica distorsiva utilizzata normalmente nel confrontare un nuovo farmaco con un placebo viene adottata anche quando il confronto riguarda un farmaco preesistente. In breve, ed è questa la ragione fondamentale per la quale i ricercatori devono essere veramente disinteressati nei confronti dei risultati del loro lavoro, spesso è possibile guidare le sperimentazioni cliniche in modo che diano i risultati che si desiderano.
Più della ricerca, sono i conflitti di interesse ad influire sui dati. Essi determinano inoltre gli indirizzi e gli strumenti ai quali si conforma la medicina praticata, attraverso la loro influenza sulle linee-guida rilasciate da organismi governativi e professionali, e attraverso i loro effetti sulle decisioni FDA.
Alcuni esempi: in un sondaggio effettuato presso duecento esperti che hanno redatto linee guida pratiche, un terzo dei membri della giuria ha riconosciuto di avere interessi finanziari in relazione ai farmaci prescelti. Nel 2004, dopo il National Cholesterol Education Program indetto per riportare drasticamente entro livelli desiderati il colesterolo "cattivo", è stato rivelato che otto dei nove membri che avevano redatto il "manifesto" di indicazioni avevano legami finanziari con i produttori di farmaci per abbassare il colesterolo. Novantacinque tra i 170 nominativi che avevano collaborato a redigere la più recente edizione del "Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali" dell'American Psychiatric Association (DSM), avevano intrattenuto relazioni finanziarie con le aziende farmaceutiche, intercorse peraltro con la totalità di coloro che avevano curato le sezioni dedicate ai sui disturbi dell'umore e la schizofrenia. L'aspetto comunque più allarmante è che molti membri delle commissioni permanenti di esperti che offrono consulenza alla FDA per l'approvazione dei farmaci hanno anche legami finanziari con l'industria farmaceutica.
Negli ultimi anni, le aziende farmaceutiche hanno messo a punto una nuova ed estremamente efficace strategia per espandere i loro fatturati. Invece di propagandare farmaci per il trattamento di malattie, hanno iniziato a propagandare le malattie alle quali adattare i loro farmaci! La strategia è quella di convincere quante più persone possibili (insieme ai loro medici, ovviamente) che le loro condizioni di salute richiedono un lungo periodo di terapia. Talvolta chiamato "malattia del cantastorie", questo è il tema di due nuovi libri. Il primo è di Melody Petersen Meds, del nostro quotidiano: "Come le case farmaceutiche hanno trasformato sé stesse in abili macchine da mercato e preso all'amo l'intera nazione in tema di prescrizione di farmaci"; il secondo di Christopher Lane's: "La timidezza: come la si è fatta diventare una malattia".

Per inventare nuove malattie o ingigantire le preesistenti, le aziende affibbiano loro denominazioni altisonanti attraverso acronimi. Così ora il bruciore di stomaco è diventato "sindrome gastro-esofagea da reflusso" o GERD; l'impotenza "disfunzione erettile" o DE; la tensione premestruale "sindrome premestruale" o PMMD e la timidezza è "ansia sociale" (ancora non è stata coniata l'abbreviazione). E' bene notare che queste (supposte) malattie sono impropriamente definite sindromi croniche che colpiscono essenzialmente le persone normali, per cui il mercato è enorme e facilmente ampliato. Ad esempio, un alto dirigente della rete di vendite suggerì ai rappresentanti come incentivare l'acquisto del Neurontin: "Neurontin per il dolore, Neurontin per la monoterapia, Neurontin per i disturbi bipolari, Neurontin per tutto." Sembra che la strategia di marketing del farmaco - ed è stato un notevole successo - sia di convincere gli americani che ci sono solo due tipi di persone: quelle che hanno problemi che richiedono un trattamento farmacologico e quelle che ancora non sanno di averne. Queste strategie sono state ideate nel settore del farmaco, ma non avrebbero potuto affermarsi senza la complicità della classe medica.

Melody Petersen, che era un reporter del New York Times, ha scritto un'ampia, convincente requisitoria contro il settore farmaceutico. Essa stabilisce in dettaglio i vari modi, sia legali che illegali, con i quali le aziende farmaceutiche possono realizzare autentici exploit (vendite annuali di farmaci per oltre un miliardo di dollari) e il ruolo essenziale che svolgono i KOLs. Il suo esempio è soprattutto il Neurontin, che è stato inizialmente approvato solo per una indicazione molto limitata, il trattamento dell'epilessia nell'ipotesi che altri farmaci risultassero inefficaci nel controllo degli attacchi. Attraverso bustarelle pagate a nomi eccellenti del mondo accademico per poter mettere i loro nomi sugli articoli esaltando il Neurontin per altri usi (malattia bipolare, stress post-traumatico, insonnia, stanchezza delle gambe, vampate di calore, emicrania, tensione da cefalea, e altre ancora), tramite il finanziamento di conferenze nel corso delle quali venissero raccomandati questi utilizzi, la casa farmaceutica è stata in grado di trasformare il farmaco in un "blockbuster", con un fatturato di $ 2,7 miliardi nel 2003. L'anno seguente, in un caso ampiamente trattato da Petersen per il Times, la Pfizer ha ammesso le proprie responsabilità in ordine alla commercializzazione illegale ed accettato di pagare 430 milioni di dollari per evitare il danno di ulteriori spese comportate da cause penali e civili intentatele. Un sacco di soldi, ma per la Pfizer è stato più o meno come un costo commerciale, e ne è valsa la pena, visto che il Neurontin ha continuato ad essere utilizzato come un tonico per tutti gli usi, generando miliardi di dollari di vendite annuali.

Il libro di Christopher Lane ha messo a fuoco un soggetto più limitato, e cioè il rapido aumento del numero di diagnosi psichiatriche nella popolazione americana e l'uso di psicofarmaci per il loro trattamento. Poiché non vi sono prove oggettive per rilevare la malattia mentale e il confine tra normale e anormale è spesso incerto, la psichiatria costituisce un campo particolarmente fertile per la creazione di nuove malattie o per drammatizzare quelle preeesistenti. I criteri diagnostici sono terreno esclusivo dell'attuale edizione del "Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali", prodotto di un gruppo di psichiatri la maggior parte dei quali, come ho già detto in precedenza, avevano legami finanziari con l'industria farmaceutica. Lane, docente di letteratura alla Northwestern University, traccia l'evoluzione del DSM dal suo timido inizio nel 1952, come modesto prontuario (DSM-I), all'attuale formulazione di 943 pagine (la versione riveduta del DSM - IV), che costituisce l'indiscussa "bibbia" della psichiatria, standard di riferimento per i tribunali, le carceri, le scuole, le imprese di assicurazione, il pronto soccorso, i distretti medici e le strutture mediche di ogni genere.
Data la sua importanza, si potrebbe pensare che il DSM rappresenti l'autorevole distillazione di un ampio corpus di prove scientifiche. Ma Lane, utilizzando documenti inediti degli archivi della American Psychiatric Association e interviste con i suoi rappresentanti di spicco, dimostra che è invece il frutto di tutto un complesso di politica accademica, di ambizione personale, di ideologia, e, cosa forse più grave, dell'influenza dell'industria farmaceutica. Quello di cui difetta il DSM è il rigore scientifico. Lane riporta la dichiarazione di un collaboratore del team del DSM-III:

"C'è stata una ricerca sistematica molto scarsa, e gran parte della ricerca che esisteva era realmente un pot-pourri slegato, incoerente, e ambiguo. Penso che la maggioranza di noi ha riconosciuto che la quota di quella buona, solida scienza alla quale ci ispiriamo per prendere le nostre decisioni, sia stata piuttosto modesta".
Lane utilizza la timidezza, come caso di indagine sulla "malattia-del cantastorie" in psichiatria. La timidezza come malattia psichiatrica ha fatto il suo debutto come "fobia sociale" nel DSM-III nel 1980, anche se al tempo veniva descritta come rara. Nel 1994, quando il DSM-IV è stato pubblicato, essa era diventata "ansia sociale", ed oggi si sostiene che sia una malattia estremamente diffusa. Secondo Lane, la GlaxoSmithKline, sperando di aumentare le vendite per il suo antidepressivo, il Paxil, ha deciso di promuovere la sindrome da ansietà sociale a "grave condizione medica". Nel 1999, la società ha ricevuto l'approvazione FDA a commercializzare il farmaco per il trattamento....dell'ansia sociale. Essa ha lanciato una vasta campagna mediatica per realizzarlo, ricorrendo anche a poster, esposti nelle pensiline degli autobus di tutto il paese, che raffigurano individui in condizioni pietose, con la didascalia "Immagina di essere allergico alla gente ...": aumentando così le vendite. Ecco un'affermazione fatta da Barry Brand, direttore di produzione del prodotto Paxil: "il sogno di ogni venditore è trovare un mercato non capito o sconosciuto e sfruttarlo. Questo è ciò che siamo stati in grado di fare con la sindrome da ansia sociale".
Alcuni dei più grandi blockbuster sono psicofarmaci. La teoria che i disturbi psichiatrici derivino da uno squilibrio biochimico è usata quale giustificazione per il loro uso diffuso, anche se la teoria deve essere ancora dimostrata. I bambini sono obiettivi particolarmente vulnerabili. Forse che i genitori osano dire "No" quando un medico dice loro che un bambino difficile è malato e raccomanda un trattamento farmacologico? Oggi ci troviamo nel bel mezzo di una presunta epidemia di malattia bipolare nei bambini (che sembra aver rimpiazzato la sindrome da iperattività e da deficit di attenzione come situazione più pubblicizzata nell'infanzia), con un incremento della diagnosi di quaranta volte dal 1994 al 2003. Questi bambini sono spesso trattati con diversi farmaci off-label, molti dei quali, indipendentemente dalle loro proprietà, sono sedativi, e quasi tutti caratterizzati da effetti indesiderati potenzialmente gravi.
I problemi che ho discusso non si limitano alla psichiatria, anche se in questo campo raggiungono la loro più florida estensione. Simili conflitti di interesse e pregiudizi riguardano quasi ogni campo della medicina, in particolare quelli che dipendono in larga misura da farmaci o tecniche terapeutiche. E' semplicemente impossibile dare credito a buona parte della ricerca clinica pubblicata, od alle opinioni del medico di fiducia o ad autorevoli linee-guida. Non mi fa certo piacere arrivare a questa conclusione, formatasi gradualmente e con riluttanza nel corso degli oltre vent'anni come direttore del "TheNew Journal of Medicine".

Un risultato di pregiudizi diffusi è che i medici imparano a praticare una medicina basata su un uso esasperato di farmaci. Anche se cambiamenti negli stili di vita sarebbero più efficaci, i medici ed i loro pazienti spesso sono convinti che vi sia un farmaco per ogni malattia ed ogni insoddisfazione. I medici sono anche portati a credere che i nuovi e più costosi farmaci di marca siano superiori ai vecchi farmaci o a quelli generici, anche se raramente vi è qualche prova in tal senso, visto che gli sponsor non sono soliti confrontare con i loro altri farmaci a dosaggi equivalenti. Inoltre i medici, influenzati da rinomati docenti universitari, imparano a prescrivere farmaci per uso off-label senza prove di efficacia.
E' facile per le aziende farmaceutiche, che sicuramente ne portano grande responsabilità, muoversi a loro agio in una situazione come questa. La maggior parte delle grandi aziende farmaceutiche si sono sobbarcate gli oneri conseguenti a frodi, commercializzazione farmaci off-label, e altri reati. TAP Pharmaceuticals, per esempio, nel 2001 si è dichiarata colpevole ed ha accettato di pagare 875 milioni di dollari per sistemare il contenzioso penale e civile sorto dalla lesione della legge federale in seguito all'impiego fraudolento del Lupron, un farmaco usato per il trattamento del cancro alla prostata. Oltre a GlaxoSmithKline, Pfizer e TAP, altre case farmaceutiche si sono accollate gli oneri per transare su simili frodi: come Merck, Eli Lilly, e Abbott. Le ammende, seppure in alcuni casi enormi, sono poca cosa se paragonate ai profitti procurati da tali attività illegali, e quindi non sono niente di più che mezzi dissuasivi. Ancora, quanti sostengono le ragioni dell'industria farmaceutica, sostengono che sta semplicemente cercando di fare realizzare il suo scopo principale, quello di fare gli interessi dei suoi investitori, anche se talvolta va un....po' troppo lontano.
I medici, le università e le organizzazioni professionali non hanno scusanti, avendo una grande colpa verso i pazienti che ripongono fiducia in loro. La missione delle scuole mediche e degli ospedali universitari - e questo giustifica il loro stato di esentasse - è quello di educare le future generazioni di medici, effettuare ricerche importanti per il progresso scientifico e curare i cittadini malati, non quello di allacciare rapporti d'affari con l'industria farmaceutica. Per quanto sia riprovevole la prassi usuale di tante case farmaceutiche, credo che il comportamento di gran parte della professione medica lo sia ancora di più. Le industrie farmaceutiche non sono enti di beneficenza; esse si aspettano un ritorno dal denaro che spendono, ed evidentemente non è per loro indifferente avere utili o meno.

Sarebbero indispensabili riforme così numerose per ripristinare l'integrità della ricerca clinica e della pratica medica, che è impossibile riassumerle in breve. Molti vorrebbero cambiamenti radicali nella legislazione e nell'attività della FDA, compresi gli iter per l'approvazione dei farmaci. Ma vi è anche, ovviamente, la necessità assoluta che la professione medica si affranchi in misura prevalente dai settori economico-finanziari. Sebbene la collaborazione tra industria farmaceutica ed università possa dare importanti contributi scientifici, di solito questi sono apportati dalla ricerca di base, e non dagli studi clinici, ed anche questa sarebbe discutibile se comportasse l'arricchimento personale dei ricercatori. Gli esponenti delle facoltà universitarie che realizzano studi clinici non devono accettare alcuna somma da parte delle aziende farmaceutiche, eccetto il mero sostegno alla ricerca, e questo sostegno non dovrebbe mai essere subordinato all'accettazione di patti aggiunti, inclusa la pretesa dell'industria farmaceutica di avere il controllo sulla progettazione, l'interpretazione e la pubblicazione dei risultati della ricerca.

Le scuole mediche e gli ospedali universitari dovrebbero applicare rigorosamente tale norma, e non dovrebbero stipulare accordi con le aziende sui cui prodotti membri delle loro facoltà stanno conducendo studi. Infine, di rado esiste una valida ragione per la quale i medici dovrebbero accettare doni da aziende farmaceutiche, anche quelle di piccole dimensioni; anzi dovrebbero provvedere autonomamente a pagarsi le spese dei convegni e dei corsi di aggiornamento.


Dopo tanta sfavorevole pubblicità, università e organizzazioni professionali stanno cominciando a parlare di controllo dei conflitti di interesse, ma finora la risposta è stata tiepida. Essi parlano prevalentemente di "potenziali" conflitti di interesse, come se si trattasse di una mera ipotesi lontana dalla realtà, e per giunta limitatamente alla loro divulgazione e "risoluzione", non già del loro divieto. In sostanza, sembra che ci sia il desiderio di eliminare solo l'odore di corruzione, mentre si continua a prendere soldi. Rompendo la dipendenza dall'industria farmaceutica, la classe medica avrà più prerogative sulla designazione di membri di commissioni e su altre importanti funzioni. Questo rappresenterà la rottura con un modello comportamentale estremamente redditizio. Ma se la professione medica non pone fine a questa corruzione di sua iniziativa, perderà la fiducia del pubblico, e il governo (non solo il senatore Grassley) intensificherà e imporrà una regolamentazione. E nessuno dell'ambiente medico vuole questo.

Fonte:Marcia Angell

Metastasi


 Le Metastasi


C’è uno  sviluppo che deve essere menzionato: le metastasi diventano sempre piu’ immuni ai veleni cellulari della chemioterapia. Chi fino a oggi non credeva che le nostre cellule non sono macchinette automatiche, ma possiedono un’intelligenza straordinaria, dovrà leggere queste righe e restare sbalordito. In una sola generazione di cellule, esse sviluppano un’immunità contro i peggiori veleni cellulari che la nostra chimica altamente sviluppata è in grado di offrirci (beh, tanto di cappello. Si potrebbe quasi voler mantenere in vita queste cellule per il profondo rispetto verso la loro prestazione).

L’argomento metastasi è un argomento assai interessante. L’opinione diffusa oggi parte dal presupposto che le cellule figlie dei tumori primari si propaghino ad altri organi attraverso le vie sanguigne e vi si annidino e inizino li a moltiplicarsi. Ma per poter arrivare da un organo, ad esempio, dal seno, o dal polmone al fegato o alle ossa, non esiste purtroppo un collegamento sanguigno diretto. Le ambasciatrici del cancro dovrebbero, quindi “nuotare” attraverso l’ansa capillare per poter raggiungere l’obiettivo. 

Questo è assolutamente improbabile. molto piu’ verosimile che lo scambio di informazioni tra le cellule funzioni decisamente meglio e, forse, in un modo completamente diverso di quello noto fino ad oggi. A questa “seconda ondata” di cellule neoplastiche sono state trasmesse le informazioni della prima generazione. Molti autori dicono che ogni individuo domicilia, in ogni momento, contemporaneamente cellule neoplastiche in molti punti del corpo. Le stime vanno da 200 a 2000.

Perché la chemioterapia viene dunque utilizzata se non serve a nulla e ha solo aspetti negativi?

 Effettivamente è una domanda decisamente lecita .  Si fanno sforzi disperati cercando di registrare qualche successo nel carcinoma testicolare e nella leucemia. A quanto pare, si tratta solo di remissioni (regressi della malattia) e non di guarigioni e non è detto che una terapia biologica non avrebbe ottenuto lo stesso risultato o uno ancora migliore.
Il  motivo per cui la chemioterapia continua ad essere utilizzata sembra risiedere solamente nella nostra forma sociale e nel nostro sistema giuridico. La nostra medicina universitaria, apparentemente onnipotente ha dovuto, infatti, ammettere, mogia mogia, di non avere nessun aiuto da offrire ai pazienti affetti da cancro.

Sarebbe una pillola amara riempire in continuazione i giornali con gli insuccessi della medicina, inoltre, dover confessare ad ogni malato di cancro che non si può fare nulla per lui. «Vada a casa e muoia in pace» sarebbe la risposta rispettabile da dare. No, non si può fare, allora ci si serve di un attestato di scarsità di nome chemioterapia: «Faremo tutto il possibile per Lei»...



La chemioterapia









La chemioterapia


Questa è decisamente una pagina nera: una pagina nera della medicina, una pagina nera della nostra società, una pagina nera per tutta l’umanità.

La chemioterapia viene praticata da decenni; in questo arco di tempo, i procedimenti sono stati perfezionati, i risultati purtroppo no, non è nemmeno possibile “abbellirli”.
Il concetto di citostatica (stasi della cellula, ovvero il “divieto” di citogenesi, la formazione di nuove cellule) dice già tutto: con questi preparati impediamo la formazione di nuove cellule! Ovviamente, andiamo a colpire soprattutto le cellule tumorali che si rinnovano rapidamente, ma anche tutte le altre cellule.

A questo proposito, non dobbiamo dimenticare che non sopravviviamo solamente attraverso il rinnovamento. L'immagine quasi uguale che vediamo ogni mattina allo specchio inganna. Ricordatevi: ogni 28 giorni, tutta la nostra pelle si rinnova, la mucosa gastrica può formarsi in un’ora, tutti gli organi si rinnovano continuamente nel loro tessuto. Se arrestiamo questo rinnovamento, vegeteremo come un frutto troppo maturo.
Molti ricercatori hanno detto in pubblico: la chemioterapia non ha ancora fornito la prova di aver curato un solo caso di cancro. Nel 1996, la società oncologica tedesca ha affermato chiaramente, con la presa di posizione nel documento denominato “D60”, che, per determinati tipi di cancro (carcinoma del pancreas), la chemioterapia addirittura riduce il periodo di sopravvivenza dei pazienti! In altri tipi di neoplasie, un miglioramento grazie alla chemioterapia non è dimostrato.

Studi rinomati mostrano che, effettivamente, l’80% dei pazienti sottoposti a chemioterapia non muore a causa del cancro, ma per infiammazioni interne sorte in conseguenza della terapia. Solo il 20% circa muore a causa del proprio tumore! Se poi si riflette un attimo su quali sofferenze devono patire i pazienti sottoposti a questa terapia, si può solo appoggiare Holzhùter, quando scrive: «Se la chemioterapia fosse valutata come tutti gli altri farmaci, dovrebbe essere vietata». Egli parla di “esperimento umano chemioterapia”.

La chemioterapia riduce l’approvvigionamento di ossigeno dell’organismo già indebolito di oltre il 25%, diminuisce in modo massiccio la risposta immunitaria favorendo, quindi, la formazione di metastasi (Brunner, Schmàhl).

Anche un gioco numerico sembra essere interessante in questo contesto: si parte dal presupposto che noi possediamo in media circa 500 miliardi di linfociti (cellule di difesa specializzate); di esse, il 25% sono attivate. In questo modo, il numero di cellule capaci di ricambio si riduce a circa 100 miliardi. Poiché la maggior parte di queste cellule era stata formata per altri scopi di difesa, la nostra forza “militare” contro il cancro è stimata in circa 10 miliardi di cellule.

D’altra parte, sappiamo che 1 grammo di massa tumorale ospita circa 1 miliardo di cellule neoplastiche. Da ciò possiamo vedere che la nostra “polizia” è predisposta soltanto per i primi stadi di tumori minori e non può attaccare tumori pesanti un chilo. L'attacco all’organismo superiore da parte delle proprie cellule non è previsto, in questa forma, dalla natura.
E' evidente che non dovremmo mai indebolire questa risposta immunitaria.





Cancro: conosciamolo!





Cancro: questo sconosciuto




Il cancro insorge quando le cellule dispongono, per un periodo di tempo prolungato, di una quantità insufficiente di ossigeno per svolgere le normali funzioni!
Niente di piu e niente di meno!
Gli esseri umani sono costituiti da un accumulo di cellule (esistono dati che parlano di O’3 cellule).
Ogni cellula è specializzata in un determinato settore in modo da ottimizzare l’intero organismo. Alcune cellule sono sviluppate, ad esempio, per ricevere il nutrimento, altre per distribuire questo nutrimento alle altre cellule oppure anche per proteggere l’intera struttura. 
A tale riguardo, questo sistema è unico e strutturato esclusivamente allo scopo di vivere.
Si potrebbe parlare, in questo caso, di un “lavoro di gruppo”, in cui ogni cellula fa del proprio meglio e viene approvvigionata in modo ottimale nell’ambito delle risorse disponibili.
In tempi buoni, vengono accumulate riserve, in tempi difficili vengono consumate, ovvero tutte le cellule condividono lo stesso destino.
Siamo così giunti a un dato di fatto molto importante: ogni singola cellula del corpo contiene le informazioni complete di tutto il sistema! Oggi, ogni cellula è sì specializzata ma, in sostanza, può essere “qualsiasi cosa”!
Ogni cellula deriva dalla prima “cellula staminale”, (costituita da spermatozoo e ovulo). Ogni cellula è un essere, un'entità, un individuo in sé e possiede una “capacità di memoria”. Ogni funzione l’essere unicellulare di un tempo è memorizzata in ogni cellula del nostro corpo.
Fintanto che le condizioni esterne rimangono favorevoli e stabili, via e‘ una collaborazione delle cellule, questa è una buona cosa.
Ma in tempi difficili, in cui si tratta di “dar fondo alle riserve” per la pura e semplice sopravvivenza, la cellula si stacca dalla comunità della popolazione di cellule organizzata e di “cerca di prendere il proprio destino nelle sue mani”.
Questo punto ha una forza esplosiva straordinaria. È in questa considerazione che si può trovare la ragione più importante per cui l’impostazione della medicina accademica oggi praticata non potrà mai risolvere il problema del cancro.

Cosa cerca di fare la medicina accademica?

La direzione ultima verso cui è orientata è la morte delle cellule tumorali. Per ottenere questo risultato, nessun mezzo è troppo crudele: intervento chirurgico, radioterapia, chemioterapia... Tutto ciò è destinato a fallire, semplicemente perché manca la giusta comprensione delle cause della carcinogenesi.









Facciamo un esempio.
Se nelle ferrovie italiane FS le condizioni di lavoro sono troppo negative, i lavoratori protestano fermando l’attività. Questo è la “rovina” dell’azienda. Una soluzione sarebbe uccidere i collaboratori in rivolta (vedi: medicina accademica). Un simile modo di agire lascerebbe il segno, ma, se le condizioni restassero invariate, ci sarebbero sicuramente nuovi lavoratori in rivolta.
Trasferendo l’esempio al nostro caso, in determinate circostanze, si potrebbero rimuovere le cellule neoplastiche, ma ciò non servirebbe a nulla, se non si elimina contemporaneamente anche la causa delle degenerazione neoplastica.
Sarebbe meraviglioso se potessimo rimuovere le cellule degenerate dal polmone di un fumatore. Tuttavia, alle stesse condizioni, subito dopo il trattamento si imposterebbe nuovamente la stessa tendenza alla degenerazione, fatto che, dopo qualche tempo, porterebbe nuovamente alla neoplasia manifesta.
Non puo' essere questa la soluzione, ovvero trattare e controllare costantemente questa condizione instabile.
Infatti sappiamo per esperienza, che i tumori secondari sono decisamente più resistenti, perché le cellule hanno, infatti, imparato.

Torniamo al nostro esempio
La soluzione consiste nel migliorare le condizioni di lavoro e nel “reinserire i ribelli nella società”. Libertà e vita per tutti in un ordine, in cui ognuno ha il suo posto e rispetta le regole.
Le cose non sono diverse per le nostre cellule. Qui ritorniamo direttamente alla problematica del cancro. Gli antroposofi sono sempre stati dell’idea che la cellula sia un individuo. Secondo Vogel in occasione di un convegno della ditta Wala, disse: «il germe del tumore, il blastoma tumorale, si comporta come un organismo proprio, che si contrappone autonomamente e ostinatamente all’organismo ospitante».
Carestia e tempi difficili hanno “formato il carattere” delle nostre cellule in modo decisivo.
Anche se oggi, nel mondo occidentale, non riusciamo quasi ad immaginarci di soffrire a causa di una carenza di qualsiasi tipo, dovremmo ricordarci che la storia della vita umana e‘ una storia di privazioni alimentari, psicologiche e spirituali.
Oggi, si dice - siamo privilegiati, facciamo una vita da nababbi - ed è proprio questo che ci sarà fatale.








Tumore al seno



TUMORE AL SENO...LA DIAGNOSI ERRATA





Il cancro è in linea di massima un problema generale, che si manifesta nel punto di minima resistenza.
Ci sono moltissime, troppe donne interessate dal problema del tumore al seno e il loro numero cresce, in percentuale, sempre maggiore. Tra il 1968 e il 2002, le cifre sono triplicate (32.000 decessi nel 2002 rispetto agli 8.000 nel 1968). Anche l’aggressività, ovvero la metastatizzazione “immediata”, è cresciuta.

Studi americani hanno recentemente confermato un rischio più elevato di sviluppo del carcinoma mammario in presenza di terapia ormonale (Fonte: Soinger Tageblatt del 13 luglio 2002). Detto in parole molto grossolane, la terapia con estrogeni dà al corpo questo segnale: “Sei incinta”. Il seno, di per sé, comincia quindi a prepararsi per il bambino. L’invio di questo segnale protratto per molti anni è semplicemente contro natura. Le cellule del seno non sono state predisposte per questo.
In tema di mammografia, vorrei riportare qui la dichiarazione inaudita del radiologo specialista del carcinoma mammario, Toni Birtel: «Una diagnosi su due formulata seguito da una mammografia è sbagliata». (medicalizzazione della vita - dott. Domenighetti).

Questa è la causa per cui, OGNI ANNO, nella Repubblica Federale di Germania, 150.000 donne subiscono una mastectomia sulla base di una DIAGNOSI ERRATA. Centocinquantamila donne perdono un seno perché un apparecchio non funziona bene, oppure perché il medico non sa interpretare le immagini. Questo dato è stato confermato dal presidente della Gmùnder Ersatzkasse, Dieter Liebel, facendo riferimento alla commissione degli esperti in materia di salute (Fonte: Rheinische Post del 27.03.2002, “Diagnosi del carcinoma umano: una seconda opinione”).

Zoubek fu in grado di portare alla guarigione completa carcinomi mammari manifesti con preparati linfatici. In questo modo l’intervento chirurgico radicale con asportazione dei linfonodi viene messo non solo in discussione, anzi si chiarisce nuovamente il valore della linfa per la guarigione.
La rimozione preventiva dei linfonodi sotto l’ascella deve essere considerata un atto di disperazione. La linfa deve poter scorrere per raggiungere la guarigione.

Misgeld, riguardando la sua quarantennale esperienza pratica, si oppone con veemenza all’intervento radicale al seno, che porta con sé anche il trauma della perdita del seno. «La statistica dimostra molto chiaramente che il periodo di sopravvivenza di dieci anni è indipendente dalla tecnica dell’intervento, Nemmeno la radioterapia ha aumentato il tasso di sopravvivenza», scrive.

Per concludere, una “luce splendente” dell’esemplare funzionamento americano: alcune donne hanno subito ancora nel 2002 una mastectomia (amputazione del seno bilaterale preventiva), perché un test genetico aveva previsto un aumento della probabilità di tumori al seno. (Rimandiamo alle lettrici discernere la conclusione).




Il tumore alla mammella
(secondo Herbert M. Shelton)


Una bellissima donna, dalla figura perfetta, appena sposata, da circa quattro mesi si preoccupava di un ingrossamento alla mammella sinistra: una protuberanza grossa quasi quanto una palla da biliardo. Per paura non aveva consultato un medico. Era il 1927, l’anno in cui negli Stati Uniti, per la prima volta, si dedicó una settimana ai problemi del cancro. Sui giornali di New York ogni giorno apparivano articoli sul cancro, i medici consigliavano alla gente di farsi controllare. Protuberanze, grumi, noduli, perdite di sangue e calo di peso erano i sintomi indicatividella presenza di un cancro. La propaganda si proponeva di spaventare l’opinione pubblica. La donna, che abitava a White Plans, New York, era terrorizzata. Consultó un medico e questi le disse che aveva un cancro e che il seno doveva essere rimosso immediatamente. La donna non voleva apparire sgurata, quindi, consultando un altro medico, ma ebbe la stessa diagnosi con l’identica urgenza dell’intervento chirurgico. Un terzo medico confermó le diagnosi precedenti. Anche per il quarto medico consultato, la risposta fu la stessa: il seno deve essere rimosso immediatamente. Ma esisteva un giornale a New York che non terrorizzava le persone, era il New York Evening Graphic, spesso contestato per molte ragioni. Io scrivevo degli articoli per questo giornale che si riutava di alimentare il clima di terrore. Dedicai una colonna alla propaganda sul cancro sottolineando il fatto che molte persone che non presentavano questa malattia venivano lo stesso consigliate a farsi operare.




Il programma della paura
Era per me un crimine contro il benessere e la salute del pubblico. La donna lesse il mio articolo e prese un appuntamento con me. Alle otto di un venerdi pomeriggio era nel mio studio. Le esaminai il seno, scoprendo che non si trattava di cancro ma dell’ingrossamento di una ghiandola. Le consigliai di digiunare ed ella seguí il mio consiglio. Le dissi di ritornare da me il lunedi´ successivo. Quando tornó era felice, sorrideva, la invitai a sedersi e a raccontarmi che cosa era successo nel frattempo. La storia era semplice, ne ho sentite altre simili durante gli anni della mia professione:  Quando mi sono svegliata questa mattina, non ho avvertito il dolore alla mammella. Per tutto il giorno il dolore é stato assente. Nel pomeriggio, verso le cinque, prima di farmi un bagno ho detto a mia sorella: vorrei palpare la mammella per sentire se c’é ancora il nodulo, ma ho paura... Mia sorella mi ha detto di non fare la bambina e di affrontare la realtá. Con la palpazione ho scoperto che il nodulo era scomparso.

Ascoltai la storia molto attentamente, poi le esaminai il seno e non trovai traccia della protuberanza. La donna continuó le mie cure per ancora due settimane. Occasionalmente, nei tredici anni successivi a questo episodio, ho avuto contatti con questa donna: i noduli non si sono mai piú manifestati. Molti sono stati i casi simili da me curati. Il caso che ho appena esposto riguardava uno di quei “tumori” che possono scomparire in tre giorni. Ho assistito a molti recuperi in una settimana o due. A volte il tempo é piú lungo: tre o sei settimane. Sono sicuro che molti sono i casi dicancro che vengono operati per la rimozione del nodulo o per la rimozione della mammella. Ho visto persone riconoscere la differenza tra cancro e diagnosi di cancro .Non ho mai visto peró, un caso di cancro sicuro tornare in salute, a prescin-dere dalla cura impiegata.É mia convinzione che il cancro sia una patologia irreversibile e che l’unico rimedio sia la prevenzione. Sono sicuro che puó essere prevenuto e questo avviene con sane abitudini di vita. Voglio sottolineare che le quattro diagnosi fatte alla donna del caso  precedente,furono tutte senza biopsia, cioé senza l’esame istologico del tessuto. I medici suggerirono l’operazione solo in base ad un sospetto.
La biopsia é lungi dall’essere infallibile, spesso indica il cancro dove questo non esiste, ma é senz’altro piú accurate della semplice palpazione. La diagnosi di quei medici si basava solo su un sospetto, o forse non volevano andare contro la propaganda. Comunque, furono tutti d’accordo nell’affermare che la donna aveva il tumore alla mammella e che l’intervento chirurgico appariva necessario. Fortunatamente per le donne, non tutti i noduli al seno sono tumori. La maggioranza di questi scompare correggendo le abitudini di vita.

Nello stesso modo in cui il digiuno favorisce l’utilizzazione degli eccessi di grasso, esso permette l’eliminazione, per mezzo dell’autolisi, dei tumori (neoplasmi) ed impiegagli elementi nutritivi in essi contenuti per nutrire i tessuti principali. Nello stesso modo vengono assorbiti i rigonamenti edematici, i depositi e le inltrazioni; le porzioni inutili vengono eliminate. 

Per poter comprendere ció, il lettore deve sapere che i tumori sono composti dello stesso tipo di tessuto che forma le altre parti del corpo. I tumori vengono classicati secondo la loro composizione: un tumore grasso é un lipoma, uno muscolare é un mioma, uno nervoso  é un neuroma, uno osseo é un osteoma, l’epitelioma é composto di tessuto epiteliale, il broma é composto di tessuto broso, ecc. Per questo motivo, quando i tumori vengono eliminati, i tessuti che li compongono forniscono un material nutritivo. 

Ad una donna fu diagnosticato un tumore  broide nell’utero della grandezzadi un limone. L’operazione era indispensabile. Signicava la rimozione dell’utero e forse anche delle ovaie. Questo non ristabilisce la salute, la donna rimarrebbe  malata poiché  la chirurgia non rimuove le cause e non esclude una successiva ricomparsa del tumore; inoltre le si arrecherebbero enormi danni psicologici, perché  asportare le ovaia é come asportare il cervello. La paziente riutó di farsi operare e ricorse al digiuno: in breve tempo il tumore fu riassorbito.

Un caso che mi stava particolarmente a cuore era quello di una donna che presentava un broma uterino della grandezza di un pompelmo. In ventotto ore  provocammo il riassorbimento completo del tumore. Fu un tempo di assorbimento incredibilmente veloce; mai piú ne ho rivisto uno uguale.
Con il digiuno ho osservato tumori alla mammella, all’utero, all’addome, riassorbirsi, rapidamente o lentamente.
Un uomo a cui era stato diagnosticato, con l’esame istologico, un gigantesco sarcoma cellulare nella parte inferiore destra dell’addome, in sette giorni di digiuno lo eliminó completamente. Non aveva un cancro, ma una diagnosi.
Per ragioni sconosciute, alcuni tumori non vengono inuenzati dal digiuno mentre altri sí. Sono riuscito a salvare centinaia di donne dalle operazioni al seno e all’utero. La persona che riesce a comprendere come con il digiuno sia possibile calare di peso, non dovrebbe avere difcoltá  nel comprendere come il corpo possa liberarsi da solo, degli accumuli di materiale strutturale durante un’astinenza dal cibo. Nello stesso modo in cui il grasso puó essere eliminato per autolisi, ed utilizzato per nutrire i tessuti principali in assenza di alimentazione, anche altri tessuti possono essere impiegati allo stesso scopo. Tessuti muscolari, ghiandolari o di altro genere possono fornire il nutrimento a quelli piú importanti, cio`e a quelli che devono svolgere le funzioni piú essenziali. Nella stessa maniera, i tessuti che formano un tumore (neoplasma) vengono digeriti ed assorbiti, le parti utilizzabili vengono impiegate per nutrire i tessuti essenziali, e le parti inutili vengono eliminate dall’organismo.

Tratto dal libro di H.M.Shelton - Il digiuno puó salvarvi la vita. Pag. 163