IL CASO ALESSIANI
Se parliamo di persecuzioni ai ricercatori, medici e non, che da tempo studiano ed operano nel campo dell'oncologia con risultati a dir poco sorprendenti, alcuni esempi appaiono emblematici. Uno è quello del dott. Alessiani e di "Maruska", la soluzione naturale che ha ridato la vita alla moglie: Liliana Donati. Un caso clamoroso di resurrezione per i clinici che l'avevano ricoverata, tanto che, al momento della sua uscita dall'ospedale romano, dove avrebbe dovuto passare a miglior vita, i medici non hanno avuto il coraggio di segnare le sue dimissioni sulla cartella clinica. Avrebbero infatti dovuto spiegare come, nonostante un cancro inoperabile di enormi dimensioni, nel giro di poco tempo, dal 9 luglio al 4 agosto, con una previsione di sopravvivenza di soli 15 giorni, l'ammalata potesse uscire dall'ospedale senza alcuna traccia di tumore e tornare alla sua vita normale, come se nulla fosse accaduto. (La Regione, Giornale di Roma e del Lazio, luglio 1992, "Accadde a Roma un anno fa" p. 1-2).
Ebbene, questo medico che si è limitato a svolgere quello che dovrebbe essere il dovere primo della sua professione, salvare la vita di un essere umano, ha anzitutto dovuto agire nascostamente dai colleghi dell'ospedale per evitare sanzioni e problemi di ogni tipo. Successivamente, quando ha deciso che il prodotto che aveva salvato la moglie poteva e doveva essere messo a disposizione di altri malati, ha cominciato a subire un incredibile calvario .
Oltre alla prima e all'ultima pagina della cartella clinica di Liliana Donati, alleghiamo l'articolo de La Peste: L'acqua di Alessiani, 5-8-1995). Ai particolari agghiaccianti contenuti in quest'ultimo (confermatimi personalmente dal protagonista della vicenda), ne aggiungo altri due. Poco dopo la pubblicazione del citato articolo su La Regione, alcuni sedicenti medici si presentarono dall'editore, per acquistare tutte le copie ancora disponibili. Nell'estate del '93 il dott. Alessiani subì un incidente stradale molto strano, che aveva tutte le caratteristiche di un avvertimento criminale. Una riflessione: le accuse al magistrato contenute nell'articolo sono gravissime; il nome del magistrato non è citato, ma è facilmente individuabile; come mai non è stata sporta alcuna denuncia per diffamazione? Penso che ogni lettore potrà rispondere da sé.
L'ACQUA DI ALESSIANI
DOPO IL SIERO DI BONIFACIO E PRIMA DELL'UK 101, UN'ALTRA CURA "ALTERNATIVA" CONTRO IL CANCRO, CHE HA GIA' SALVATO MOLTE VITE, E' STATA IGNORATA E BOICOTTATA DALLA SCIENZA UFFICIALE.
Aldo Alessiani, un anziano medico romano. Da diversi anni ha messo a punto una cura contro i tumori che, oltre a dare dei risultati incredibili, non costa nulla. Per questa sua scoperta, il 29 luglio del 1993, è stato convocato presso il Palazzo di Giustizia dove un sostituto procuratore della repubblica, dopo aver ascoltato e registrato tutta la sua storia, lo ha informato che sul suo capo pende una condanna a morte.
Perché il settimanale OGGI, che aveva seguito la vicenda, non ha più pubblicato l'articolo? Perché i responsabili di T.R.E., che dedicarono al caso un ampio servizio, sono stati intimiditi e, a distanza di anni, sono ancora letteralmente terrorizzati?
Il dottor Aldo Alessiani, ex primario, medico legale e plurispecialista, è il misterioso "dottor ics" (La Peste n° 57), l'uomo che ha scoperto una cura rivoluzionaria contro il cancro e che è stato costretto al silenzio. così come è stato irriso e costretto al silenzio, anni fa, il professor Bonifacio che, da un siero estratto dalle capre, sosteneva di aver avuto dei grossi risultati. così come è stato costretto alla fuga il professor Bartorelli, che - curiosamente! - sempre dalle capre ha sintetizzato la proteina UK 101. Ma se quest'ultimo ha trovato una nuova patria negli Stati Uniti, che gli hanno messo a disposizione fondi e laboratori, Alessiani è stato addirittura minacciato di morte.
Minaccia che gli è stata partecipata, non da un gruppo di balordi di periferia, bensì da un sostituto procuratore della repubblica italiana. Tutto ha avuto inizio nel 1981, quando Alessiani teorizza per la prima volta che il tumore possa essere una malattia di carenza. "L'intuizione - ci spiega - l'ho avuta accorgendomi che l'incidenza del tumore andava di pari passo, nel tempo, con l'aumento della statura media della popolazione. E' evidente che, nel corso dei secoli, abbiamo smesso di pagare le tasse alla natura. Siamo diventati come quei fiori che, tolti dal loro habitat naturale, crescono più forti e più alti, ma perdono il loro profumo e gli insetti non vi si posano più. Sono diventati inutili all'ecosistema. A questo punto, ho pensato che queste sostanze che non assumiamo più potevo andarle a cercare scavando in profondità, nel terreno appartenuto alla grande antichità". Alessiani pubblica queste considerazioni su una rivista specializzata, in un articolo intitolato Il cancro per paradossi, che passa nella più totale indifferenza.
L'occasione di sperimentare la sua teoria gli capita dieci anni dopo, quando sua moglie viene colpita da una gravissima forma di tumore. "Partito dall'utero - racconta Alessiani - aveva invaso il retto, l'intestino, il peritoneo parietale e viscerale, ed era arrivato fin sotto lo stomaco. L'addome era aumentato a dismisura per la carcinosi, sembrava incinta di otto mesi." Si tenta una palliativa il 9 luglio del 1991, presso la clinica romana Santa Rita da Cascia. Opera il professor Ercole Brunetti. La paziente viene aperta e richiusa. Assolutamente inoperabile. Ma Alessiani non vuole arrendersi, rispolvera gli studi di dieci anni prima e, di nascosto, con la complicità di un'infermiera, incomincia a sperimentare la sua scoperta. Prepara una soluzione, disciogliendo in acqua quei particolari terricci e la somministra alla moglie.
Quindici giorni dopo, la signora Alessiani lascia la clinica, anziché nella prevista bara, sulle sue gambe e parte per le vacanze. Un giornalista del settimanale Oggi, Carassiti, che - in contatto con il medico per un altro caso - aveva seguito la vicenda, insegue gli Alessiani fino nelle Marche, con un fotografo. L'articolo non verrà mai pubblicato, motivi di "ordine pubblico" è la laconica spiegazione della direzione del rotocalco. Passano due anni e, nel giugno del 1993, la rete privata romana T.R.E. dedica un ampio servizio alla vicenda. Alessiani parla della sua scoperta, mostra la moglie guarita mentre assume la medicina, mostra le cartelle cliniche del 1991 con le conclusioni del professor Brunetti. "Laparotomia mediana citopubica. All'apertura del peritoneo si repertano numerose aderenze viscero-viscerali e viscero-parietali come da carcinosi peritoneale diffusa. Data l'impossibilità all'esecuzione di viscerolisi, si procede a chiusura della parete".
Ma nonostante la prognosi eufemisticamente definibile infausta, la donna è ancora lì. Ride, scherza con gli operatori, abbraccia il marito. Dai microfoni di T.R.E. Alessiani lancia un appello: "Sono stato chiuso nel più completo isolamento. Ho interessato tutti quelli che potevo interessare, nessuno si è fatto vivo. Per la prima volta chiamo ufficialmente il Ministro della Sanità (all'epoca De Lorenzo n.d.a.) affinché si interessi della questione. Nell'interesse di tutti i sofferenti di questo mondo".
Qualche giorno dopo, il 29 luglio 1993, invece che al ministero, Alessiani viene convocato al cospetto di un sostituto procuratore della repubblica. "Tra i miei studi c'è anche la ricostruzione, tramite i dati dell'autopsia, dell'esatta dinamica della morte di Benito Mussolini. Tutt'altra cosa rispetto alle varie versioni ufficiali (la ricostruzione di Alessiani è stata pubblicata su Oggi nei mesi scorsi n.d.r.). Credevo si trattasse di quello".
Invece il giudice, che aveva in bella mostra sul tavolo una videocassetta, volle sapere tutta la vicenda del cancro e alla fine mi avvisò che ero stato condannato a morte. "Mi creda - disse - ho avuto questo incarico da molto in alto. E si ricordi che l'Italia è piena di falsi incidenti d'auto".
Contemporaneamente, agenti della Guardia di Finanza si recano presso la sede di T.R.E. nel quartiere romano della Balduina e consigliano perentoriamente i responsabili dell'emittente di seppellire la cassetta nel più profondo dei loro archivi e dimenticare l'accaduto. A distanza di anni, i funzionari della televisione appaiono ancora molto spaventati e - pur permettendoci di visionare il nastro e registrarne il sonoro - si sono rifiutati di rilasciarcene una copia. Il giornalista autore dell'intervista, Jacopo Santarelli, ha di lì a poco cambiato mestiere. Nel frattempo, presso il Tribunale di Roma, gli atti relativi all'affaire Alessiani continuano ad essere congelati in istruttoria, costringendo al silenzio tutti coloro che risultano coinvolti nella vicenda. Il già citato magistrato, contattato per un colloquio, rifiuta di dare spiegazioni o anche solo di parlare della faccenda. Ci ha fatto rispondere dalla segretaria che Aldo Alessiani - se vuole - ne può parlare" a suo rischio e pericolo". E' stato minacciato anche lui?
Alessiani, nel frattempo, non demorde e continua in sordina i suoi esperimenti. Le guarigioni aumentano, la cura si rivela efficace per molti tipi di tumore.
Chi può essere interessato a bloccare quella che, dati alla mano, potrebbe rivelarsi una cura efficace contro il cosiddetto "male del secolo"? Sembrerebbe un controsenso, ma potrebbero essere proprio le industrie farmaceutiche e la comunità scientifica. Pubblicizzare e diffondere la scoperta di Aldo Alessiani - il cui costo di realizzazione è prossimo allo zero - farebbe crollare in un colpo solo il business della ricerca. Un giro di centinaia di miliardi all'anno. Meglio che la gente continui a crepare dei tumori più disparati, piuttosto che la medicina sia privata di questa manna. Meglio che la scienza continui a brancolare nel buio, chiusa nella sua turris eburnea, convinta di essere l'unica depositaria della verità, piuttosto che fare il suo dovere, che è principalmente quello di ricercare e sperimentare qualsiasi cura venga proposta in alternativa a quelle, del tutto inefficaci, attualmente conosciute. Si tratti dell'acqua di Alessiani o di quella di Lourdes. Siano poi il laboratorio e i test sui pazienti ad emettere un verdetto definitivo.
Oggi, dopo anni di silenzio, ha deciso di parlare. "L'ho deciso dopo aver letto di Bartorelli - spiega - costretto ad espatriare per poter proseguire i suoi esperimenti sull'UK 101. Quando venni minacciato io, c'erano De Lorenzo e Poggiolini, poteva essere giustificata la mafia all'interno del Ministero. Oggi no, oggi basta. La scienza deve smetterla una buona volta di ritenersi l'unica depositarla della verità. La scienza è ricerca, non è una religione. Perché non vogliono sentir parlare di cure alternative, perché ostacolano chiunque abbia un'idea diversa, un'intuizione. Perché dicono subito "No, non si può!" piuttosto che andare a verificare? Eppure le grandi scoperte scientifiche, dagli antistaminici alla penicillina, sono avvenute per caso.
Gli scienziati, come sempre, stavano guardando nella direzione sbagliata. Ciò nonostante, il vizio della superbia e della presunzione non se lo sono tolto. Prima di me e di Bartorelli c'è stato il caso del siero di Bonifacio. Il povero professor Bonifacio fu irriso da tutta la comunità scientifica, perché aveva estratto questo siero dalle capre. Dalle stesse capre da cui Bartorelli sintetizza l'UK 101". Un po' più di umiltà da parte della scienza e la riabilitazione postuma per il povero Bonifacio sarebbero doverose.
Niky Marcelli